“È lecito che un dipendente sportivo, detenendo anche un incarico di gestione, possa percepire una remunerazione?”. È questa la domanda che ci è stata posta proprio qualche giorno fa dal presidente di una ASD che si affida al nostro Studio.
Si tratta di una questione che porta in superficie i tanti dubbi e incertezze che la Riforma dello Sport ha lasciato in sospeso e che anche il Coni ha recentemente chiesto di chiarire.
In effetti, soprattutto in presenza di organizzazioni sportive di piccola scala che operano a livello locale, la questione del doppio ruolo tra volontariato e lavoro retribuito, ovvero se un impiegato nel settore sportivo possa simultaneamente ricoprire un ruolo direttivo su base volontaria è spesso all’ordine del giorno.
Cerchiamo di fare ulteriore chiarezza.
Distinzione tra volontariato e lavoro retribuito
Abbiamo già affrontato in un articolo di qualche mese fa i prorogativi che deve rispettare la figura del volontario secondo il Codice del Terzo Settore.
Tuttavia, in seguito alla nota ministeriale n. 2830 del 4 dicembre 2023, il panorama normativo dello sport italiano – non solo a livello locale, come per la ASD che si è rivolta a noi – è stato però recentemente oggetto di ferventi discussioni, in quanto si legge che:
“ha operato una chiara scelta nel distinguere coloro che mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità al fine di promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e soprattutto gratuito, da coloro che, al contrario, prestano la propria attività lavorativa con continuità e a fronte di un corrispettivo. La norma non fa eccezione per i membri dei consigli direttivi degli enti sportivi che quindi, se volontari, anche al fine di prevenire eventuali ‘conflitti’ di interessi, non possono instaurare rapporti di lavoro con l’ente di cui è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività sportiva”.
In pratica però, questo passaggio, sembra solo ribadire il testo normativo senza fornire le necessarie delucidazioni sulla sostanza del doppio ruolo tra volontariato e lavoro retribuito. La norma, com’è strutturata, non sembra infatti distinguere tra le diverse forme di volontariato e le eventuali attività lavorative remunerative che un volontario potrebbe svolgere, purché non in conflitto con la sua posizione nell’ente.
Non solo: la questione si complica ulteriormente quando si considerano i ruoli e le responsabilità degli amministratori degli enti sportivi.
Secondo l’interpretazione ministeriale, questi soggetti, pur ricoprendo cariche elettive, non svolgono propriamente un servizio di volontariato sportivo, ma piuttosto esercitano funzioni derivanti dalla loro nomina, quali la convocazione di riunioni o la redazione di verbali.
Pertanto, non è possibile escludere che un membro dell’organo direttivo possa intraprendere attività lavorative remunerate. La valutazione di tale possibilità dovrebbe essere basata sulle circostanze specifiche, analizzando se le attività remunerative possano determinare un conflitto di interessi o una violazione dei principi di non distribuzione degli utili, anche indirettamente.
Doppio ruolo tra volontariato e lavoro retribuito: c’è ancora bisogno di chiarimenti
In conclusione, è evidente che la normativa vigente necessita di ulteriori chiarimenti per evitare ambiguità interpretative e garantire la corretta applicazione del principio di incompatibilità tra volontariato e lavoro retribuito, soprattutto per quanto riguarda i ruoli amministrativi all’interno degli enti sportivi non profit. La gestione di questi enti richiede un equilibrio delicato per prevenire abusi, senza soffocare l’energia e l’impegno dei volontari che rappresentano il cuore pulsante dello sport a livello associativo.